24/11/2019


D1 gir.E: Aquile Azzurre vs Urania: La Capolista se ne va!
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Il 1989 è stato un anno indimenticabile. Uno spartiacque della Storia contemporanea. Tutti ricordano il Muro di Berlino – e hanno ragione vista l’importanza di quel 9 Novembre - , io ricordo invece un afoso pomeriggio di Giugno, il 5 Giugno per l’esattezza. Ricordo la tapparella del soggiorno abbassata per non far entrare il sole, la televisione con il tubo catodico sintonizzata su Rai 3, delle immagini sfumate e la voce del mai troppo rimpianto Giampiero Galeazzi.

Di fronte ci sono il numero 1 del Mondo – Ivan Lendl – detto anche il terribile -  e un semisconosciuto minorenne cinesino naturalizzato di Taiwan – all’anagrafe Michael Chang – che scriverà una delle pagine più indelebile in uno dei palcoscenici più pregiati della Storia del Tennis: Il Roland Garros.

Chang è sotto 2 set a zero, senza gioco, senza speranza alcuna contro una macchina da punti cecoslovacca  - eh si…c’era ancora la Cecoslovacchia e la Cortina di Ferro -  sugli altri canali non fanno nulla, mi soffermo a guardarla, “finirà presto” dico a me stesso.

Qui si chiudono la trita cronaca e la banale contesa tennistica lasciando il posto ad una concatenazione di eventi che rendono questa partita eterna. Stephen Chbosky – contemporaneo scrittore e regista statunitense – durante una conferenza stampa in un festival del cinema disse :” se non sei in grado di raggiungere l’eccellenza amplifica i tuoi difetti, costringerai gli altri a seguire la tua strada”. E’ quello che mette in atto il gracile Michael contro l’impettito Ivan: retrocede il proprio difetto tennistico fino all’ultima scala evolutiva del tennis; è una serie incredibile di assurdità: riceve in mezzo al campo, inizia a giocare a pallonetti, si prende più pause di quanto dovuto, mangia banane ad ogni cambio campo  - generando negli anni a venire la falsa convenzione che quella indigestione di banane potesse migliorare le performance tennistiche – fino all’apoteosi del colpo da principiante: serve da sotto come se fosse alla prima lezione di Tennis.

Lendl impazzisce e perde l’incontro. Pochi sanno che non è stata la prima volta che il compassato campione ha subito un’angheria del genere. Adriano Panatta – ahimè, ultimo grande tennista italiano – ne abusò sportivamente in un match di coppa Davis nel 1979 rifilandogli un duplice 6-0 con un paio di servizi da sotto che lo costrinsero alla lacrime.

Dal Tennis al Tennistavolo il passo è più semplice di quanto sembri, almeno per le condizioni in cui una partita si gioca. Pier Offredi vince una partita decisiva contro un’istituzione pongistica come Alberto Nazzari servendo nel più semplice dei modi possibili. Il colpo finale, un “ace” contestato – forse più per il momento che per il gesto -  è un inno alla semplicità, il canto del cigno di una partita tra due grandi interpreti, il degno epilogo di un pomeriggio dal sapore un po’ vintage ma comunque perfetto per i due vecchi leoni – Pier e Francesco - che, per l’ennesima volta, ne fanno 5 in due.

Comincio a pensare che il tennistavolo sia quel palcoscenico della vita dove recitiamo ciò che realmente siamo, senza infingimenti, ma con l’immediatezza che solo lo sport consente attraverso le continue sollecitazioni adrenaliniche cui sottoponiamo le nostre pulsioni, le paure, l’ego o il bisogno di superare i nostri limiti.

E’ scontato che in questo contesto compaiano anche le nostre angosce, le nostre paure, i dubbi, i limiti che sappiamo di avere ma facciamo fatica ad accettare o fingiamo di non conoscere oltre alla rabbia che ci consuma dentro se non riusciamo a fare quello che vogliamo.

L’avversario, sull’altro lato del tavolo, è la metafora della vita: per quanto ogni pongista si sforzi di sembrare quello che è, la sua indole apparirà, senza veli, più di quanto lui stesso sia disposto ad ammettere.

Non ho mai conosciuto più di tanto Francesco e Pier fuori dal contesto sportivo; sui tavoli e nelle palestre li ho visti vincere (tanto) e perdere (poche volte, alcune però sanguinose). Ogni volta ne ho visto il lato umano e ho portato a casa qualcosa di buono per me stesso. E’ per questo che sono ancora qui, ancora con loro e con due nuovi amici.

Adesso siamo PRIMI, DA SOLI,  esattamente come l’ultima volta.


vince